Crimes of the Future (2022)

L’espiazione del corpo come piacere erotico

David Cronenberg dirige Crimes of the Future riprendendo un vecchio titolo anni 70 senza dialoghi, otto anni dopo l’ultimo Maps to the Stars.

Il genialoide decano non poteva ripresentarsi nel cinema che conta con uno script più intrigante e blasfemo, imbastendo un soggetto tanto traumatico e virtuale da renderlo infine credibile e scorrevole, per merito di un sottinteso ed inedito modus operandi empirico satirico.

Un lungometraggio, il ventesimo di una filmografia fra alti e bassi ma sempre assetata di climax incandescenti, che racconta della crescita di nuovi organi tumorali dentro il corpo umano e la loro asportazione, pubblica, a mo’ di scenografico fenomeno da baraccone, in un’imprecisata epoca futuristica, dove afflizione e sofferenza fisica simboleggiano sadismo e sensualità!

Un film dove il controllo della carne umana e ciò che c’è al suo interno la fanno da padrone, al posto dell’interiorità di anime peccaminose, ognuna delle quali spronata perfino a uccidere per impossessarsi di gioie ed erotismi materiali.

Uno sci-fi al limite dello sconvolgente ma drammaticamente attuale, che difatti terrorizza in ottica futura, immaginando dove la nostra psiche potrebbe arrivare per ottenere benefici esteriori piuttosto che spirituali.

A continui e truculenti hype body horror non può mancare come da tradizione una trama noir, che scandaglia alla perfezione l’arco narrativo, collimando dunque le performanti e viscerali prestazioni d’avanguardia sul devastato fisico dell’iconico Saul, artista sui generis aiutato dalla traumatologa Caprice, con le cospirazioni dark quasi spionistiche di un mondo sotterraneo e nascosto, dove si studiano i movimenti sospetti di una comunità ormai psicologicamente degradata e irrecuperabile, per colpirla, punirla se non proprio eliminarla.

Non c’è più nulla di umano nel nuovo macrocosmo di Cronenberg, dove morte e punizione hanno l’apodittico scopo di purificare il proprio io sterminando il prossimo, persino se congiunto.

L’allegorico riferimento alla plastica commestibile quale alimento da contrabbando utilizzato da giovani generazioni, rimanda poi alla modernità dei cambiamenti climatici e alla voglia tossica di evolversi ad ogni costo, che potrebbero condurci alla devastante implosione del pianeta abitato verso lidi tutto tranne che ospitali!

Viggo Mortensen, alla quarta collaborazione col regista scrittore, capeggia un cast di nicchia, divertendosi a impostare esteriormente i patemi psicofisici del suo Saul con la cavernosità sofferente di una voce che parla a nome del corpo, perfettamente a proprio agio nel dare corda ad una regia tutto tranne che schematica e didascalica e alla sceneggiatura introspettiva e quasi sovrannaturale, nella quale una trama pressochè assente non modifica l’action continuo e progressivo, che porterà a scoprire tradimenti e doppiezze d’animo.

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