True History of The Kelly Gang (2020)

Un bandito agli antipodi

Il romanzo di Peter Carey viene riadattato sul grande schermo da Justin Kurzel, giovane regista australiano che dopo un paio di lungometraggi mascherati con la coppia dei sogni Fassbender/Cotillard, torna a far parlare di se per una regia impegnata, intrinseca e goliardica, che ci rimanda al pregevole e scandaloso Snowtown, pietra miliare indie e sempre dedicato al killer instinct nella terra agli antipodi!

L’epopea di Ned Kelly, prototipo del gangster alla Robin Hood di fine ‘800, è qui riproposta basandosi appunto sul soggetto del libro, per l’occasione sceneggiato da Shaun Grant, che elude le feroci gesta eroiche che ne fecero sia un’icona che un selvaggio omicida, concentrandosi bensì sull’intimismo infantile e adolescenziale, fatto di delusioni familiari e comportamentali, perpetrategli da un padre poco virile e virtuoso, poliziotti egemoni della corona britannica, mentori e insegnanti di morte, una compagna dal passato ambiguo e soprattutto una madre padrona, la magniloquente Essie Davis, l’ossessione per la quale ne condizionerà tutta l’esistenza e il precoce fine vita!

La tenera espressività facciale del Ned bimbo, inizializzato alla durezza crepuscolare di una terra desolata, fa da contraltare a quella severa e scavata di Kelly ragazzo/uomo, interpretato magistralmente da George MacKay, che supera brillantemente la prova del nove dopo 1917, svestendo completamente i panni e lo sguardo intimorito di chi la guerra la combatte da comparsa, per impersonare perfettamente l’anima di colui che le battaglie e i nemici se li trova da solo!

Per allungare e di molto la pellicola, una produzione di nicchia ma al contempo sfarzosa, divide in più frame la progressione di Ned, da angelico e timoroso bambino a impavido guerrigliero resiliente, appaiandolo a notevoli sparring partner, oltre alla già citata portentosa Ellen Kelly e a suo fratello Dan e il resto della banda, che lo seguiranno fin dentro gli inferi.

Se Charlie Hunnam e Nicholaus Hoult si limiteranno a mostrare muscoli e il lato più subdolo della colonizzazione britannica, l’Harry Power di Russell Crowe invece sarà niente di meno che la demarcazione di soglia tra i sogni fanciulleschi e le angosciose costrizioni di chi per redimersi deve obbligatoriamente premere il grilletto! Ragguardevole la performance di Thomasin McKenzie, anch’ella alla conferma dopo il debutto d’autore, mantenendo la dolcezza della Elsa di Jojo Rabbit, ma accantonandone la potenza interiore, qui invece provata da un vissuto tremendo e ai margini delle ingiustizie di giovane mamma sotto ricatto.

La luce in chiaro scuro, affiancata ad una natura mozzafiato però non tangibile, fatta di vaste praterie e paludi, acqua ed alberi mastodontici uniti a fumo e piante mozze, rappresentano la bellezza di un territorio libero e al tempo stesso vessato, che solamente danze dark e trucchi marcati alla generale Kurtz possono esorcizzare.

Le continue piroette d’animo del protagonista sono ampiamente giustificate da un arco narrativo che come detto si basa proprio su una introspettività isolata verso chi è cresciuto troppo in fretta, dando a questo western sembianze introverse e quasi mitologiche, a discapito di un resoconto che inneggi le capacità clandestine contro l’infamia dell’oppressore, fiancheggiandogli una ragazzina per compagna – comunque già donna ferita – che lo scorti alla maturità.

Tutto ciò purtroppo non motiva la scelta netta della direzione artistica, e cioè schierarsi col bandito bushranger rispetto che con la legge, dedicandogli a fine proiezione un monologo per innalzarne le imprese, fin lì però completamente silenziate, ed ergerlo a paladino contro la schiavitù.

Così facendo e senza distaccarsi minimamente dall’opera letteraria, il film di Kurzel rimane un lavoro espresso a metà, che ironicamente arriva incompleto al termine delle ben due ore di durata e a scarseggiare nel punto più importante, quello che deve far pendere l’ago della bilancia verso un bambino costretto al crimine dai numerosi e continui soprusi subìti, fino a ribellarsi da capo branco contro lo sprezzante establishment corrotto, crudele ed estorsivo, tanto da divenire per molti una leggenda post mortem!

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