The Lighthouse (2020)

I Guardiani degli abissi

Cielo grigio, mare agitato e un faro terrificante dentro cui lavorare, a molte miglia dal mare nel New England dell’800; è questo l’angoscioso e toccante frame col quale inizia “The Lightouse”, amplificato da un sottofondo dark che accompagnerà l’intera durata della pellicola, assieme alla sirena di controllo, una lama affilata e ridondante nella mente labile di chi assiste.

Parte così il viaggio verso gli inferi di Ephraim Winslow, disposto per redimersi e riabilitare una vita tetra ricca di rimpianti persino a separarsi dal mondo e stabilirsi in una sorta di terra di mezzo, sotto l’algida supervisione di Thomas Wake, infernale guardiano luciferino dal carattere irascibile!

E’ il 35 millimetri di Robert Eggers, finalmente rientrante dopo “The Witch”, l’arma con la quale il film conclude il suo compito in modo ansiolitico e struggente, aiutato da un’accurata sceneggiatura teatrale, che erge la recitazione di Robert Pattinson e Willem Dafoe a vette estreme. Se il secondo ripete per l’ennesima volta la storica attitudine introspettiva che lo ha reso celebre, è il giovane idolo di Twilight a svestire i panni vampireschi, conservandone altresì l’iconica aurea, per ritornare alle origini del Barnes Theatre Company, sfoggiando dunque un acting convincente e accorato.

Sin dalle sequenze primordiali lo spettatore prevede il climax a sorpresa, lo shock che rivelerà la vera identità e i reali obiettivi della coppia, ovvero sia impossessarsi l’uno dell’altro, il boss in sostanza dall’avvento sull’isola del praticante, e quest’ultimo man mano che il tempo percorrerà imperterrito le 4 settimane di prova, sopravvivendo ad ostacoli radicali, quali tormente e mare in tempesta, stralunate visioni di sensuali sirene, cadaveri nascosti e gabbiani ostili a raffigurare il mito di marinai morti, veri o presunti, realmente vissuti o immaginari, confondendo costantemente la psiche di protagonisti e pubblico.

Lo scopo del contendere sarà la luce di Fresnel, idolatrata da Wake in cima al faro, inaccessibile per l’inserviente, quasi a raffigurare un Sacro Graal per sopraggiungere una superiorità satanica, con la quale controllare il mondo in un luogo così lontano e isolato.

Magnifica è la fotografia, espressiva ed impegnativa, caratterizzata da un bianco e nero cupo e trepidante nelle inquadrature notturne, quando lo stress visivo la fa da padrone, per poi divenire accesa grazie a illuminazioni frontali, allorquando gli interpreti si fronteggiano durante gli indecorosi lavori giornalieri, ed infine al limite del catatonico, per merito di uno splendido controluce laterale nelle confidenziali rese dei conti serali, avanti a cibo avariato e fiumi di alcool.

Il surreale isolamento sociale che Eggers ci lascia in dote è un’onirica riflessione sulle coercizioni che la ragione umana comporta verso gli ultimi della vita, uno spaccato sull’abbandono che affetti vari e società egoistiche eseguono su uomini al limite dell’esaurimento isterico.

La regia arriva brillantemente in fondo e accompagna le gesta delle due star in un crescendo emotivo incessante, frutto fra l’altro dei continui soliloqui che Wake predica ostinatamente, che rimandano a sortilegi, stregonerie, maledizioni e sermoni diavoleschi veri e propri, impersonati da sirene e Prometeo di turno, per terminare la corsa col tanto temuto cambio del vento, che sancirà la vittoria della natura animale sulla misantropia umana!

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