The Nest – L’Inganno (2021)

Il lusso come nascondiglio

Bellissimo dramma familiare psicologico questo lavoro di Sean Durkin, campione indipendente al ritorno una decade dopo il trionfante La Fuga di Martha, che cede i servigi recitativi a Jude Law e Carrie Coon, ambedue brillanti nel trasporre i tormenti interiori di Rory ed Allison, coniugi apparentemente felici e ricchi, d’animo e di tasca, ma nella realtà bisognosi entrambi di qualcosa che tamponi le ferite del passato.

Se l’attore londinese mantiene i propri canoni da superstar sui generis, fascinoso, rassicurante, felice ma ambiguo, grintoso nell’acting esplosivo ed improvvisatore di nicchia, la palma di migliore in campo va però alla sua partner in crime, semplicemente meravigliosa nel ruolo di moglie/capo branco delusa dalle intemperie monetarie del marito, schiavo di un lusso esteriore che lo faccia accogliere al mondo esterno e rassicuri le agiate esigenze finanziarie e morali della famiglia.

Durkin dirige e scrive The Nest L’Inganno e partecipa anche alla produzione, azzeccando in pieno le necessità di un film sulla carta scarno di hype, ma che invece arriva perfettamente allo scopo, sfruttando come detto lo stato di grazia dei due protagonisti e una regia mastodontica ma pure accorta, la quale pone in risalto sia enormi spazi aperti e campi lunghi che assordanti silenzi domestici, per elevare abbondanza e copiosità di una ricchezza solo apparente, utile a consegnare a Rory vittorie di pirro nei confronti dei lussuosi commensali al suo banchetto, e le difficoltà celate nella psiche di ogni componente familiare.

Ed è così che alle location sfarzose londinesi, successive a quelle imponenti e chiassose newyorchesi, fra ristoranti pomposi e ville gotiche, harem esteriori dell’uomo all’interno dei quali recitare la parte dello yuppie regale, si appaia la natura silenziosa e decadente dove Allison può elaborare il supplizio di donna emancipata ma madre riguardosa e compagna paziente!

In questo clima perciò, riuscita è anche una sceneggiatura mai banale, che tappa i lunghi periodi taciturni con dei dialoghi forti ed intimistici, nei numerosi e goliardici gala a cui la coppia partecipa per integrarsi nei principeschi ambienti da Big Bang, e nelle drammatiche e devastanti rese dei conti casalinghe, quando né macchine, tenute, vestiti e pranzi d’elite possono nascondere l’amara realtà di una decadenza familiare.

Il discioglimento dei quattro avviene sì progressivamente, ma è percepito sin dal sontuoso cambio di abitazione iniziale, grazie al costante sguardo incerto e precario di Carrie Coon/Allison, che per amore asseconda il marito ma non disdegna di perdurare parsimoniosamente i propri risparmi.

La pellicola quindi prosegue incessante in una sorta di border line fra gli eccessi dell’uno e le preoccupazioni dell’altro, dando a quest’opera persino un alone dark e noir, insegnandoci infine che l’unico modo per sopperire e sopravvivere a sregolatezze economiche ma anche sentimentali e ripartire da capo è chiudersi nel caldo e nella premura dei propri congiunti!

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