The Report (2019)

L’inchiesta più scandalosa di sempre

Duro e accusatorio, The Report è l’ultimo tra i tanti film di protesta, che punta a mettere nell’animo e nella coscienza comune i metodi poco ortodossi e mezzi illegali con i quali autorità superiori cercano di elargire informazioni ai propri detenuti.

Nel caso specifico, viene raccontata la vera odissea che investì Daniel Jones, membro del senato americano, che in maniera onesta e cocciuta riuscì ad investigare e scoprire le brutalità degli interrogatori e del programma di detenzione CIA verso i sospettati – reali e presunti – degli attentati alle Twin Towers e annessi, arrivando poi a temere addirittura per la sua carriera, una volta che la stessa agenzia e i vertici presidenziali provarono a silenziarlo.

Criteri, sistemi e prassi scientifici ed infallibili per gli esecutori, con tanto di formule quasi matematiche a dare conferma del successo di tali procedimenti, volti a scacciare dalle menti dei terroristi segreti radicati e altresì inconfessabili, a causa della fermezza e veemenza che una matrice religiosa e anti occidentale comporta!

Un apprezzato sceneggiatore come Scott Z. Burns, ammirato e utilizzato da celebrità del calibro di Greengrass, Soderbergh e James Marsh, a suo agio inoltre nel confezionare dialoghi sia attraenti che profondi ma anche grotteschi ed adrenalinici (Effetti Collaterali, Il Mistero di Donald C, The Informant, The Bourne Ultimatum e Contagion) si regala l’avventura dietro la macchina da presa, dirigendo il film proprio in “modalità didascalica”, senza aggiungere quel pizzico di pathos e action che un thriller movie avrebbe richiesto, analizzando con iter pacato e piatto le incessanti scoperte e rivelazioni che il protagonista, un magnifico Adam Driver, smaschera ininterrottamente!

Qui sta la forza, ma anche il limite di questa potente e shockante pellicola/denuncia, portare cioè lo spettatore a leggere un libro, una notizia o un vero e proprio report in modo schematico ed esplicativo, più che ad appassionarsi e sentirsi coinvolto impetuosamente ad una storia così estrema. Non ci sono infatti dettagli nelle inquadrature ma molti campi medi, che raffigurano spesso Daniel, la senatrice Feinstein – un’immortale Annette Bening – e il resto del cast impegnato in continui flashback per unire le due epoche, quella che dà il via alle pratiche di sperimentazione sui fermati e l’inizio dell’indagine, e sullo sfondo i luoghi del peccato e i colpevoli secondo il regista scrittore: Casa Bianca, tribunali o le prigioni Black Site!

Per raggiungere lo scopo nessuno meglio di Driver, attore del momento a Hollywood, poteva ergersi a paladino dei puliti, coi suoi lineamenti sì marcati ma che allo stesso tempo rendono la sua recitazione perfetta, in quanto integra, giusta e controllata ma pure impavida e battagliera.

Nel bilancio finale manca senza dubbio qualche arringa grintosa e le scene clou si limitano alle rimostranze verso la senatrice o al confessionale con Matthew Rhys, reporter del Times, uno dei tanti volti noti al pari di John Hamm, Maura Tierney, Tedd Levine e Corey Stoll.

Gli stessi agenti CIA vengono raffigurati come orsi senza cervello, visto che per vedersi risparmiato ulteriore dolore chiunque tirerebbe fuori nomi e responsabili sconosciuti; se invece ciò fosse vero, la denuncia reale del “Report” potrebbe rivolgersi verso tutte le forze d’ordine di ogni luogo e nazionalità, Italia compresa, accusate più di una volta di metodi poco conformi coi propri carcerati.

Il film ha però un’importanza pazzesca perché serve da trade union e terra di mezzo fra il fallimento di The Looming Tower e la vittoria in Zero Dark Thirty, spegnendo perciò il senso di conquista e trionfo dell’americano medio, ritratto dunque come bisognoso di figure colpevoli più che di verità, che siano Bin Laden, Saddam o Gheddafi.

Quel che risalta è una spettacolare fotografia stile seventies, una luce con colore marcato ma opaco, che rende le ambientazioni severe al pari di ogni buona pellicola d’inchiesta e cronaca che si rispetti (Il Caso Spotlight o A Most Violent Year).

Burns ci lascia in dote un documento basilare che serve – se ce ne fosse bisogno – a comprendere come prima, durante e dopo ogni guerra non ci siano vincitori e vinti, ma numerose anime eversive, capaci a tutto pur di ottenere prestigio, consenso e riconoscimenti, anche nella divinizzata “Terra dei Sogni”!

Scrivi un commento

Powered by WordPress | Web Concept by: Webplease