Return to sender-Restituire al mittente (2015)

Miranda (Rosamunde Pike) è una giovane infermiera che sta per essere trasferita, per suo desiderio, in chirurgia e dare inizio ad una nuova fase della sua vita. Una sera, però, è brutalmente stuprata a casa sua da William, che finge di essere il suo appuntamento al buio organizzato da un’amica di Miranda. Dopo poco William è catturato e mandato in prigione a scontare la sua pena.

Miranda decide quindi di inviare a William una serie di lettere in cui chiede di vederlo e, dopo molti tentativi vani, quest’ultimo accetta. Le visite di Miranda in carcere sono sempre più frequenti, tanto che William crede che stia per ottenere il perdono della ragazza e che tra i due stia sbocciando l’amore. La realtà è ben diversa. Dopo il suo rilascio, William si renderà conto che ciò che Miranda nutre nei suoi confronti non è nient’altro che desiderio di vendetta.

L’idea alla base del film è molto interessante. L’obiettivo è infatti vedere come la brutalità di uno stupro possa, specialmente in una persona già psicologicamente disturbata, scatenare i peggiori istinti. Nel film vediamo come il male facilmente può scatenare una catena senza fine di altro male che porta soltanto a distruzione. La reazione ad uno stupro e ciò che scatena all’interno della vittima non è una tematica trattata di frequente al cinema.

In questo senso la prima metà del film è molto interessante. Miranda infatti decide di incontrare il suo assalitore e di avere un contatto con lui. La seconda parte del film però spegne ogni speranza suscitata da un inizio film per niente scontato. Si cade infatti nel clichè della vendetta, mal spiegata e scontata che vediamo frequentemente in numerosi film che vogliono trattare l’argomento.

Per rendere interessante questa pellicola, che mette troppa carne al fuoco, sarebbe stato necessario agire in due modi differenti. In primo luogo sarebbe stato importante capire perchè Miranda sia maniaca della pulizia, abbia un’ossessione per l’ordine e un rapporto con il padre e le sue amiche distaccato e aggressivo passivo. Cosa l’ha portata ad essere così ? In secondo luogo, sarebbe stato cruciale capire se William si sia davvero pentito e se il rapporto con Miranda l’abbia aiutato nel suo processo di redenzione.

Pur non volendo scavare nel passato, si sarebbe potuto ottenere una pellicola interessante. Per riuscirci, sarebbe stata necessaria una sceneggiatura e regia che consentissero di inquadrare in maniera chiara la psicologia dei personaggi. Non capiamo, per esempio, se Miranda decida di vendicarsi per la violenza subita o soprattutto perchè il suo sogno di diventare infermiera chirurgica sia stato compromesso a causa della aggressione subita. I dialoghi sono scontati e prevedibili. Nulla ci fa davvero riflettere e pensare. Nulla ci fa entrare nella mente dei personaggi e nei loro tumulti interiori. L’occasione davvero persa sono i dialoghi tra William e Miranda in prigione.

La buona performance attoriale di Rosamunde Pike non riesce da sola a salvare un film che ha evidentemente problemi nella costruzione dei personaggi. La regia è mediocre, niente è davvero memorabile e degno di nota.

I thiriller sono film che si basano sulla psicologia dei personaggi e sullo suscitare nello spettatore una sensazione di allerta e imprevedibilità. Se questi due aspetti vengono meno, si rischia di scadere nel banale, cosa purtroppo che è avvenuta in questa pellicola.

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