Napoleon (2023)

Un kolossal che riesce a metà

Il genio di Ridley Scott e il talento di Joaquin Phoenix si uniscono per un monumentale lavoro sulla vita e le imprese di Napoleone Bonaparte, accentuandone tirannia, ribellione e conquiste, in guerra come nelle relazioni umane.

Questo mini preambolo racchiude onori ed oneri di un’opera colossale che però vira costantemente verso numerose (troppe) direzioni, confermando quindi la maestosa capacità visiva del regista nel rappresentare meglio di chiunque altro le scenografie in battaglia e l’abilità dell’attore premio Oscar di sfogare la sua dote recitativa, ma di mancare però in più punti focali, su tutti raccontare l’evolversi di crisi ed accordi diplomatici sia politici che sentimentali, che portano poi a guerre, risoluzioni, amori e separazioni.

L’epoca è quella della rivolta francese a fine diciottesimo secolo, col popolo in povertà e carestia a fare da contraltare alle ricchezze monarchiche, pagate dalla regina Maria Antonietta con la decapitazione. E’ proprio in questo momento che un ambizioso ed egocentrico comandante d’artiglieria comincia a farsi conoscere all’interno della crescente Repubblica quale grande stratega e tattico da battaglia, arrivando di lì a poco (1793) e durante la liberazione di Tolone a divenire generale e a conquistare il cuore di Josephine, influente mestierante della ricca collettività parigina.

Un film lunghissimo, sebbene ridotto per esigenze cinematografiche, manca purtroppo proprio nelle spiegazioni tattiche di ciò che sta per manifestarsi ma che invece è già accaduto.

Arrivare per esempio ad Austerlitz dopo un’ora di proiezione appare quasi implosivo per chi segue, che si ritrova catapultato nella battaglia fra le più importanti della storia senza una benchè minima decifrazione strategica su come ciò sia potuto accadere, specialmente perché fino a quel punto il genio militare del protagonista è ancora latitante, sostituito bensì da un’indifferenza celata e ininfluente.

Stesso discorso va fatto per il rapporto amoroso fra Napoleone e Giuseppina, che d’incanto si mostra agli utenti esageratamente tossico, privo di romanticismo, condizionato da “scoperte” sessuali al limite del trash, una connessione anche qui senza nessun chiarimento apparente fra amore maniacale ed odio compulsivo, che porterà in seguito lei a tradire e lui ad ingrassare corpo e rozzezza d’animo.

Se questo avviene per la appena accennata impossibilità di lei a fare figli, non convince infine l’incapacità di entrambi a separarsi, a dividere una morbosa connivenza fatta di lettere confidenziali e segretissime rivelazioni belliche che i due continueranno a recapitarsi a lungo.

Insomma nessuno sembra possa resistere al Generale, né in guerra e nel governo francese e neanche nelle relazioni umane, così come egli stesso pare avere un bisogno ossessivo ed esasperante di combattere in ambedue le situazioni per soffrirci all’interno e poi reagire e vincere.

Il punto è che tale condizione arriva d’improvviso e in modo spiazzante, forse perché l’eccessiva libertà interpretativa che la sceneggiatura concede a Phoenix stavolta lo manda costantemente fuori tema, dando al futuro Imperatore un’immagine bipolare, estremamente esplosiva prima e subito dopo psicolabile e psicotica, un miscuglio fra Freddie Quell e Joker/Arthur Fleck, che ha pure il demerito di offuscare una invece soddisfacente Vanessa Kirby!

Le scenografie sono opere d’arte da conservare a lungo, girate ovunque (Inghilterra, Malta, Marocco, Francia ecc) e riproposte fedelmente e maniacalmente dalla classe dell’iconico regista, durate quasi un anno in giro per il mondo e affiancate da effetti speciali e visivi d’avanguardia, trucchi e costumi realistici e montaggi sonori esasperanti, acconciature che rimandano alla perfezione un’epoca determinante per stabilire le sorti future di Francia ed Europa.

Scott ci lascia in dote immagini mozzafiato, grazie a centinaia di comparse ed uso spasmodico di computer e finzione, inquadrature a campo lungo e apertissime, paesaggistiche e raccapriccianti che però non disdegnano primi piani drammatici, binomi determinanti per colpire occhi e orecchie e rappresentare al massimo il dramma dei soldati nell’acqua di Tolone, fango e pioggia di Waterloo o nel gelo di Austerlitz.

Questo tuttavia e come detto accentua ancor di più le carenze narrative e psicologiche di una trama che quindi difetta di un’anima tutta sua, completamente soggiogata da scene di battaglia intense e fedeli ai racconti di un tempo ma prive di delucidazioni tattiche su trattati, compromessi, intese o dissensi fra strateghi di guerra e fra innamorati.

Il Napoleone di Scott ha avuto la poco umile idea di provare a trattare – a differenza dei suoi predecessori cinematografici – l’intera epopea del Comandante-Generale-Imperatore, lasciando così inesorabilmente troppi buchi in una scrittura che allontana lo spirito interiore di ogni protagonista a favore dello spettacolo visivo, del quale forse si ha oggi più bisogno!

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