Sound Of Metal (2020)

Il Suono del Silenzio

Prime Video ha il merito di aver distribuito il film rivelazione del 2020, sotto dettatura di un genio quale Derek Cianfrance, già onirico e pungente nelle regie su amori estremi e maledetti in Blue Valentine, Come un Tuono e La Luce sugli Oceani.

Questo capolavoro indie low cost si basa infatti sui veritieri disturbi uditivi del cineasta anche batterista Cianfrance, che perciò “presta” per impegni pregressi le sue vicende alla direzione artistica del debuttante amico nonché co-scrittore di Come un Tuono Darius Marder.

I tour metallari a mo’ di camper della iper affiatata coppia Ruben, batteria, e Lou, voce e chitarra, vengono implacabilmente interrotti dall’istantanea sordità del ragazzo, al quale viene diagnosticata l’irrefrenabile progressione del suo handicap che lo condurrà a non sentire quasi più nulla!

Ciò lo porterà poi a scegliere se iniziare un percorso in comunità, rinunciare alla musica, ritornare nel baratro dell’eroina, abbandonata da 4 anni, o infine piantare baracca e burattini e vendere attrezzatura e mezzo di locomozione, per procacciare soldi e operarsi, risolvendo (?) definitivamente la grana.

I numerosi rinvii di questa produzione a basso budget hanno consentito di avvalersi alla fine dei servigi di Riz Ahmed, perfetto nell’incarnare il dramma fulmineo di chi vive a 100 allora e non può fermarsi, organizzando concerti, scrivendo note, guidando decine di ore settimanali e assistendosi a turno con la propria partner, austera ma affettuosa in Olivia Cooke, per non ripiombare entrambi negli abissi della droga.

E’ proprio l’inatteso problema sopraggiunto a generare dubbi di ogni genere, che accecano la combo verso angoscia e disperazione di doversi per forza di cose separare, sotto la promessa di reincontrarsi dopo un periodo di comunanza sociale.

Altra fortuna nei ritardi di questa pellicola è stata quella di cedere la parte di Joe a Paul Raci, figlio di sordi e alla prima interpretazione cinematografica accreditata.

Sarà lui difatti il dominus dell’intera opera, coi suoi metodi tanto rigidi quanto umani a tentar di far breccia nel burbero animo di Ruben, ribelle rocker giunto nella sua congregazione di non udenti da uomo sconfortato e ingestibile, ma che dovrà rimettersi in gioco partendo da una nuova esistenza minorata, dove telefono, social e rivolte psichiche vengono messe da parte, per dare spazio a spiritualità e coraggio interiore.

I duetti continui Ahmed/Raci sono violentemente profondi, al pari dell’espressione facciale dei due attori, l’uno sempre sul punto di deflagrare emozioni e l’altro una sfinge di sofferenza con le spalle larghe, convinto di salvare l’anima del novello inquilino.

La grandezza di questo lungometraggio sta nelle continue delusioni e mancati lieti fine che mettono alla prova la fermezza di Ruben, aiutato a scavalcare gli ostacoli dalla nuova esperienza sotto l’ala protettiva di Joe.

Passa perciò il tempo e se ognuno si farà una vita e le vecchie gioie appariranno lontane, sarà un cuore ora prode e più impavido a superare scogli e barriere e ripartire da capo, prendendo con filosofia il succedersi degli eventi, concentrandosi invece ad ascoltare il silenzio ormai latente dentro il proprio io, accantonando l’inseparabile “sound of metal” che però lo accompagnerà fino alla morte.

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