Il visionario mondo di Louis Wain (2021)

Vita ed emozioni di un genio incompreso

Bello questo biopic su Louis Wain, genialoide e visionario disegnatore ed artista londinese di fine ‘800.

La firma è di Will Sharpe e l’onere/onore di rappresentare il protagonista spetta al sempre impeccabile Benedict Cumberbatch, all’ennesima interpretazione monstre della sua carriera: l’impegno e la costanza nell’improvvisare diverse peculiarità caratteriali ne fa difatti e senza dubbio uno dei migliori attori della sua generazione.

L’illustratore dall’esistenza quasi lisergica viene descritto dal regista forse un po’ troppo in modalità standby, tracciandone cioè pregi e difetti in forma didascalica, senza mai uscire dalle righe; ne risentono sì la movimentazione filmica – piatta nell’elencare con la voce fuori campo di Olivia Colman ogni passaggio della sua vita – e le varietà esplicative, completamente assenti in climax e velocità, ma lo scopo di esaltare la costante e celata idiosincrasia di Wain su ogni tipo di convenzione borghese dell’epoca va in porto eccome!

Le fissazioni improvvise nei confronti dell’elettricità, lo strampalato pallino nel disegnare e “comunicare” con gatti antropomorfi e su tutto l’inatteso ma appassionato amore verso l’istitutrice delle sue cinque sorelle da lui a fatica mantenute sono i tre mantra della propria sussistenza, che vengono da lui allegoricamente vissuti in modo assiduo e totale.

I molteplici lutti da elaborare verranno affrontati decorosamente attraverso gli occhi felini, fulcro centrale delle sue opere e unica razza vivente alla quale rapportarsi e con cui condividere emarginazione, isolamento ed intuizione!

Cumberbatch si immerge magnificamente in questo eccentrico viaggio assieme a Louis, valorizzando il suo classico e magico sguardo fanciullesco ma profondo, e cedendogli perfettamente una figura aurea da iconoclasta sui generis, che accetta in silenzio le usanze di una società ipocrita e razzista sia nei riguardi del ceto povero (sua moglie) che degli stralunati artisti di nicchia (se stesso), merce rara ma soggetti inutili senza costrutto economico.

Wain non prova odio per una comunità rispetto a lui retrograda, ci connette passioni, usi e costumi, ci fonde persino confidenze nonché desideri reconditi, ma al dunque si sottrae ai suoi obblighi rifugiandosi verso una “solitudine positiva”, fatta di continue creazioni ed implosioni di estro e inventiva.

A poco importa sapere che le proprie vulnerabilità porteranno poi ad una certa morte appartata se i giorni vissuti da anticonformista sono valsi un’esistenza libera e feconda.

Il film ha un valore importante se rapportato al periodo di riferimento, dove le discriminazioni collettive ed economiche venivano sconfitte solamente grazie a massima autostima e gradi di istruzione superiore; è qua che l’amore ha un ruolo fondamentale, congiungendo l’animo sentimentale di una donna modesta ma colta eppur già emancipata a quello naif e metaforico di Wain.

Parte da questa frequentazione un legame intenso e sconfinato che aprirà definitivamente il portone dell’anima nel visionario disegnatore, capace quindi di prendere coscienza delle proprie strambe ma meritevoli qualità e proseguire in autonomia una vita dignitosa, sia come uomo che come artista!

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