Sto pensando di finirla qui (2020)

Jake e Lucy sono una giovane coppia.
Lui ha deciso di portarla nella sua isolata casa di famiglia per presentarle i genitori.
L’incontro si rivelerá pieno di avvenimenti spiacevoli, surreali, grotteschi e a tratti terrificanti.
Una frase del film “Se mi lasci ti cancello” diretto da Michel Gondry e sceneggiato proprio da Kaufman dice: “Ero come un bambino spaventato e…era una cosa più grande di me. Non lo so…”, davanti a “Sto pensando di finirla qui” ci si sente come dei bambini spaesati posti difronte a qualcosa che non conoscono, a qualcosa più grande di loro.
Con il suo ultino film Kaufman si fa un terrorista dei generi cinematografici: il film inizia come una specie di cervellotica commedia sentimentale, per poi tramutarsi in un grottesco horror dell’anima, sino a deragliare in uno spaventoso ed irrazionale incubo che rimanda al grande David Lynch.
Il regista del Montana è indubbiamente più estremo di Kaufman, il suo è un cinema che distrugge tutte le idee tradizionali di film, le sue opere sono strutturate su elaborate successioni di immagini, idee, suoni e rimandi alla pittura contemporanea.
Se Charlie Kaufman fa sua la lezione di Lynch “Sto pensando di finirla qui” è però persino più inquietante, perchè se David Lynch gioca sul no-sense dall’inizio alla fine, Kaufman parte da una storia ordinaria e semplice per poi disintegrare la narrazione spostandola su di un territorio astruso che mette in discussione l’oggettivitá e la soggettivitá della visione.
Pone noi spettatori nella difficile posizione di tentare di mettere ordine al bombardamento contenutistico a cui abbiamo assistito.
Lucy, Jake e la famiglia di quest’ultimo con il loro modo di agire, con i loro pensieri che spesso sono l’opposto delle loro parole si trasformano nell’allegoria della distruzione del concetto di rappresentazione.
Esso in filosofia accorpora sia il contenuto stesso dell’azione rappresentativa che l’atto del rappresentare, cioè avere coscienza di ciò che si sta guardando se è un oggetto, oppure percepirne l’essenza se si parla di emozioni.
Charlie Kaufman come nel precedente “Anomalisa” continua a trasporre su pellicola la fallibilitá dei rapporti di coppia e a descrivere l’amore come una forza non salvifica, aggiungendo alle sue tematiche piú care anche il tema della famiglia, descritta come un microcosmo mostruoso, chiuso, che riproduce all’infinito vecchi dogmi borghesi; si rifiuta infatti di inglobare ed assimilare nel suo mondo il nuovo ed il diverso.
Un monumentale e mortifero film sui labirinti più nascosti della mente umana.
Un lancinante requiem sia sulla tristezza di quelle esistenze che non hanno saputo affrancarsi dalle proprie origini, sia sull’ineluttabilitá del destino.
Uno spietato gioco cervellotico che sposta sempre il punto di vista principale all’interno della narrazione, partendo proprio dal titolo.
Chi e in che senso qualcuno ha deciso di finirla qui?
Lucy perchè vuole lasciare il ragazzo?
Jake perchè vuole togliersi la vita?
Lo scopriremo solo guardando il film ad occhi chiusi e aperti.

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