Cast Away (2000)

Viaggio introspettivo nella mente di un uomo che a causa di un dirottamento aereo, rimane solo in un’isola deserta, senza la possibilità di avere il minimo contatto con il mondo civilizzato. Comportamenti, il continuo adattarsi, pensare alla sua vita prima del dirottamento e la storica palla con occhi, naso e bocca disegnati sopra con del sangue, sono elementi indimenticabili della pellicola.

Cast Away, è un film del 2000, diretto da Robert Zemeckis, che vede come indiscusso protagonista Tom Hanks, una specie di remake del romanzo ”Robinson Crusoe, portato però all’estremo. Qui non ci sono indigeni amichevoli, animali selvatici, nè il protagonista ha paura delle popolazioni cannibali.

Zemekis è originale, conquista lo spettatore attraverso l’indiscussa bravura di Hanks, espressivo al massimo soprattutto nei momenti più drammatici del film. Il suo unico amico è la palla che lui chiama Wilson, ma nonostante si tratti di un oggetto inanimato, lo spettatore piange con il nostro protagonista quando ”i due” sono costretti a separarsi nel tentativo di scappare dall’isola.

Chuck Noland, ingegnere esperto di sistemi informatici la cui vita professionale è scandita dall’orologio, ha grossi problemi invece nella vita privata. Gli impegni gli lasciano poco tempo da dedicare a Kelly, con cui è fidanzato da molti anni. La maniacale organizzazione dell’esistenza di Chuck s’interrompe di colpo quando egli si ritrova su un’isola deserta, tagliato fuori dal mondo, nelle condizioni ambientali più desolate e desolanti che si possano immaginare.

Uno dei sogni piu’ trendy del momento e’ un isolotto sperduto nell’oceano in cui vivere lontano da ogni comfort, con il fine di riscoprire il vero valore delle cose che ritmi frenetici e stress hanno finito per annebbiare. Il film di Robert Zemeckis ha la furbizia per rendere credibile questo miraggio, ma sfugge a qualsiasi compiacimento e rappresenta il sogno a misura d’uomo.

Cosi’, non e’ molto facile la vita per Tom Hanks, sopravvissuto miracolosamente a un disastro aereo e novello Robinson Crusoe su un’isola deserta di incomparabile bellezza ma priva di tutto cio’ che puo’ garantire la sopravvivenza a un cittadino diviso tra lavoro, affetti e orologio.

Trasformando un aneddoto da bar in film, Robert Zemeckis conferma le sue doti di grande narratore, capace di procedere unendo al piacere del racconto la sua spettacolarizzazione, e permette al pubblico di appassionarsi subito al destino del protagonista.

Molto sostenuto il ritmo, nonostante la mancanza di eventi epocali, ma la sceneggiatura ha il pregio di rendere forti, interessanti e credibili, le decisioni del protagonista e la sua evoluzione interiore oltre che fisica.  Poche le concessioni al “carino” e coraggiosa la scelta di concentrare gran parte del film su Tom Hanks, solo e sperduto sull’isola, tra l’altro con pochissime sottolineature musicali.

Molto efficaci alcune trovate, oltre quella di creare un compagno di avventura di nome Wilson da un pallone,  il pacco che apre e chiude il film, vero motore della storia, un po’ come la piuma di “Forrest Gump”. Un film quindi interessante, per i dubbi che pone e per il modo in cui lo fa, che solo una furba ma assai ingannevole azione di marketing associa alla tendenza “modaiola” di abbandonare le comodità per tuffarsi nell’avventura e riscoprire se stessi.

Questa e’ una delle conseguenze a cui il film giunge, ma non un “manifesto” che spiega il film o a cui il film vuole arrivare. L’avventura che scorre sullo schermo, infatti, resta soprattutto una bella storia, raccontata con gusto da chi ha il piacere e gli strumenti per farlo.

Il trailer

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