American Crime Story: L’assassinio di Gianni Versace (S2 – 2018)

LE ORIGINI DEL MALE.

La seconda stagione di “American crime story” sfrutta Gianni Versace, il compagno, la sorella Donatella e il giovane assassino Andrew Cunanan per descrivere l’America degli anni novanta.
Quella nazione bigotta e omofoba che nonostante l’amministrazione Clinton non rinunciava a scagliarsi contro “i diversi”.
Attraverso un labirintico uso di flashback, flashforward, rallenty esasperati, lampi allucinatori ed incubi, viene imbastito un teso e mozzafiato affresco in grado di alternare senza sosta le esplosioni di violenza alle introspezioni psicologiche.
“L’assassinio di Gianni Versace” tiene sempre sotto controllo la tanta carne sul fuoco e riesce ad essere una cronaca complessa, affascinante, malsana e straordinariamente omogenea dei fatti. Rifuggendo dai limiti delle produzioni televisive gli otto episodi della serie cercano in tutti i modi di nutrirsi di intuizioni cinematografiche, da qui la cura maniacale nella ricostruzione delle scenografie, la perfezione dei costumi, la recitazione sentita degli interpreti, l’uso del campo totale che nulla lascia fuori dall’inquadratura, la fotografia cupa degna di un film David Fincher e la splendida colonna sonora che crea una tensione palpabile trasformando, ad esempio, la lunga sequenza dell’omicidio di Versace in una specie di danza brutale.
Una discesa negli inferi dentro la mente contorta, malata, egocentrica, narcisa e dedita alle menzogne di Cunanan che gli autori sondano a 360 gradi occupandosi anche degli aspetti più umani del serial killer, descrivendolo come un uomo solo, affamato d’amore e attenzioni, patologicamente insicuro, represso e con una famiglia inumana alle spalle (da brividi la sequenza in vasca con la madre, così come tutto il settimo episodio che racconta il rapporto tra Andrew ed il padre).
Dall’altra parte Gianni Versace non viene in nessun modo santificato ma tratteggiato come un uomo malato nel fisico, psicologicamente stanco, in preda ad una relazione sentimentale piena di eccessi sessuali, combattuto tra i giudizi morali della sorella e l’amore per il compagno.
Versace è al centro di un mondo, quello della moda e dello star system solo apparentemente liberal.
Se la prima stagione di “American crime story” attraverso il processo ad O.J. Simpson voleva essere uno spaccato sull’America razzista, la vicenda di Andrew Cunana lo è su quella omofoba e i due capitoli della serie antologica diventano così un dittico in perfetto equilibrio tra racconto sociologico, biografico e di intrattenimento.

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