Star Wars: L’Ascesa di Skywalker (2019)

Romanticismo e revival non salvano Skywalker dalla caduta conclusiva

Per concludere la Saga numero uno di sempre nel modo più dignitoso possibile, la Disney va sul sicuro e si ri affida a JJ Abrams, dopo anni di dubbi e false assegnazioni. Il patto è chiaro: ampia libertà e licenza creativa per il genialoide story teller ma un finale definitivo che chiuda il cerchio in modo logico! Il regista dunque, scrive la trama e produce la pellicola in cooperazione, oltre a sceneggiarla assieme a Chris Terrio – premio Oscar per Argo – e ovviamente a dirigerla!

Ad accompagnarli i soliti, straordinari effetti speciali e un magnifico montaggio sonoro, nonché le musiche di John Williams, saturo e perciò alla sua ultima collaborazione. Già da qui si intuisce che di nuovo ci sarà ben poco e il gruppo, pure dietro le quinte, è in sostanza lo stesso, come si capisce dalla fotografia di Daniel Mindel, assoldato proprio da Abrams per “Il Risveglio della Forza”, che ammicca da subito nel riproporre un colore pressappoco identico a quello degli albori, quando anziché Finn e Poe a superare le porte scorrevoli delle flotte ostili c’erano i giovani Luke e Leia.

Il soggetto del film è una sorta di auto celebrazione dell’intera serie e per giungere al dunque deve ripercorrere più di quarant’anni di storia, uno sforzo ed una fatica enormi ma pure inutili se si pensa alla chiusura onorevole fatta già da Lucas con “La Vendetta dei Sith”. Qui cambieranno i nomi e i lochi ma il senso sarà lo stesso.

Non c’è infatti Morte Nera, Endor o Mustafar stavolta ma l’appuntamento per la resa dei conti si chiama Exegol, per evitare che le armi (non più una) di distruzione di massa annientino pianeti interi. La banda di canaglie e disertori a fin di bene è sempre in sella, così come l’impavida Resistenza, l’eroina flagellata di dubbi tra bene e male e il cattivo flagellato di dubbi tra male e bene, ammiragli e generali servi del potere oscuro, droidi, droidi protocollari, wookie e razze aliene in feste popolari o dentro a locali dark!

La regia, non da meno, è strutturata per l’ennesima volta in modalità “prime due trilogie”, col racconto che si divide in più parti dall’inizio alla fine, riportando in auge tecniche alla Lucas, amante di conclusioni parallele in ogni sua opera. Per questo le avventure di Rey/Kylo Ren, Finn, Poe e compagni e gli aiuti della flotta di Leia vengono distinti con tre sceneggiature differenti.

Nella trama, incredibile, si trovano similitudini imbarazzanti sia ne “Il Ritorno dello Jedi” ma pure nei successori, con scoperte di nuove civiltà e pianeti poi a rischio devastazione oppure nei modi differenti ma alla fine grossolanamente analoghi di disattivare scudi o generatori di potenza, per consentire agli alleati l’intrusione ed infine gli (eventuali) festeggiamenti di gruppo.

I camei, la maggior parte dei quali insensati, riguardano un po’ tutti i vecchi miti entrati in “orbita” Star Wars, compresi i non umani (ewok), e chi non appare davanti la cinepresa viene nominato o riecheggia con voce fuori campo.

Ciò che mancava all’origine di “L’Ascesa di Skywalker” e che andava trovato a tutti i costi per rendere inedito l’ultimo tassello e credibile mezzo secolo di saga, concludendo decorosamente la mitica epopea, era scovare un nuovo sommo malvagio assoluto che tessesse le fila e rimpiazzasse Snoke; colui insomma che sarebbe dovuto arrivare a patti con Kylo/Ben Solo. Niente di tutto ciò e l’ultimo e più insostenibile dei revival viene anche qui portato in essere, in modo goffo, marchiano e soprattutto offensivo nei confronti delle definitive conclusioni che Lucas aveva sigillato, in primis il sacrificio di Darth Vader. Quel che lascia basiti è l’inconsistenza delle spiegazioni su reincarnazioni o parentele varie e la totale mancanza di contiguità caratteriale tra un terribile villain e i suoi eredi prossimi, predisposto tanto il primo ad abbattere intere civiltà, captando i tormenti degli animi altrui, quanto i secondi a ripudiarlo e a farla franca!

Il film, preso di per sé, è uno spettacolo per gli occhi, e le due ore e passa volano via che è un piacere, ma il suo scopo purtroppo doveva essere ben altro. Aver allungato il brodo dal 2015 non ha infatti permesso a coloro che hanno accompagnato la propria infanzia, adolescenza e maturità a fianco di Guerre Stellari, di “ricevere” il giusto compimento di fine opera, e l’esagerato utilizzo vintage di trucchi e stratagemmi con molteplici ritorni di fiamma, senza osare il benchè minimo coraggio, aumenta ancor di più i rimpianti per aver visto vendere un sogno di tutti al merchandising di pochi!

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