The Alto Knights – I due Volti del Crimine (2025)

L’ultimo crimine della mafia Americana

Robert De Niro, diretto da Barry Levinson, interpreta in The Alto Knights – I due volti del Crimine il doppio ruolo di Frank Costello e Vito Genovese, boss fra i più noti della New York criminale anni 50.

Un make up fatto su misura per l’iconica star gli permette di performare a suo agio, limitando le smorfie che lo hanno reso celebre verso una più posata azione, nella quale i due amici di un tempo si sfideranno per il controllo delle strade cittadine più con l’acume che con la pistola.

E si che il film parte proprio con un fallito attentato, che però anziché spronare il bersaglio a reagire mettendo a soqquadro la concorrenza rivale, alla Michael Corleone, lo convince bensì che per chiudere i conti a suo favore bisogna lavorare d’astuzia e decidere le mosse con ingegnosità, e non sui marciapiedi ma dentro le stanze segrete.

Levinson e De Niro omaggiano il genere gangster che li ha visti protagonisti in Bugsy e nelle indimenticabili nonché inarrivabili e innumerevoli collaborazioni con Scorsese e De Palma, cercando pertanto di chiudere il cerchio in modo sobrio!

I loro fuorilegge capi branco del “The Alto Knights” sono dunque a fine carriera, e sebbene l’uno abbia ancora mire egemoniche rispetto all’altro, desideroso del pensionamento, l’andatura del primo rasenta comunque disconnessione e zoppia, dimostrando scarsa lucidità al cospetto dei bei tempi andati.

Il film perciò si muove a rilento, a parte la splendida colonna sonora di David Fleming, sia nella regia che nella sceneggiatura, una mossa saggia che serve a rendere tuttora impeccabile la recitazione di De Niro, pacato sia nella postura intelligente e lungimirante di Frank che in quella aggressiva e malfidata/psicolabile di Vito.

L’arco narrativo non può infatti ripercorrere l’interezza di un’epoca che ha cavalcato due secoli e che è già stata ampiamente trattata, ma la cita e accenna fuori campo, analizzandola nel presente durante le numerose inventive psicologiche che Frank Costello ha in serbo per l’amico/nemico Genovese.

Uccisioni, assalti e attentati avvengono quindi ai minimi termini, lasciando ampio campo a racconti di tattiche criminali, quel famigerato ingegno prerogativa paritaria alla violenza che differenzia un boss dal cavallo, e che sarà il viatico verso la redenzione e il fine vita guardingo di Costello.

Certo che così facendo del “gangster movie” resta poco, e a fine proiezione la carenza di action e pathos non può che farsi sentire, a causa pure dell’iniziale montaggio un po’ troppo caotico e disorientato, un filo conduttore confuso e l’approccio descrittivo troppo nostalgico, che rimandano chi segue ai fasti “irlandesi”, freddi e glaciali ma d’assalto di Jimmy Conway prima e quelli subordinati del Frank Sheeran poi, paragoni che purtroppo non reggono minimamente!

Si diceva della scrittura, pietra miliare del film, asciutta e ricca sia del dialogo tipico di chi ha il grilletto facile che di chi dirige l’azione da dietro le quinte, ed opera della garanzia Nicholas Pileggi, per merito della quale, sebbene a tratti appaia prolissa, un genere ormai al crepuscolo rialza la faccia, seppur senza la presunzione di raggiungere le vette di The Irishman, suo precursore e ultima luce di un buio lungo decenni.

Lo stile seventies difatti colpisce tuttora in fondo al cuore, al pari degli impatti visivi in regia di Levinson, che raccontano la trama affiancando i flashback passati alla narrazione attuale del De Niro/Frank, rimandando sì ai “Good Fellas” di Scorsese, ma mantenendo però una fiera originalità nella costruzione degli interpreti, innalzando perciò sia lo straordinario talento attoriale del protagonista, mai banale nelle innumerevoli sfumature dei suoi due personaggi, che la coinvolgente e affascinante sceneggiatura di Pileggi.

Un lungometraggio che se come scopo aveva quello di revisionare il passato, riletto attraverso fotografie che riportano a violenza, potere e gloria, senza però dimenticare che il tempo è inesorabile per tutti, lo ha raggiunto a pieni voti.

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