Anora (2025)

Fuoco e fiamme ma anche troppo clamore per un film esageratamente sfrontato

Sean Baker si conferma cineasta sfrontato come pochi e conquista Hollywood con una pellicola controversa, nella quale la parola politicamente corretto è eliminata dall’inizio alla fine.

Violenza, prostituzione, soldi facili, sesso, droga e potere cavalcheranno le due ore e 40 di proiezione di Anora!

Sarà addirittura l’Oscar a regalare al regista di Starlet e Florida Project i premi più ambiti, dando perciò continuità a un nuovo credo hollywoodiano, dove le “regole delle buone maniere” o del classicismo filmico vengono sostituiti da regie a 100 all’ora, combattimenti sanguinari e vulcaniche battaglie psicofisiche.

Un po’ troppo sinceramente per la statuetta di miglior lungometraggio, che Anora quindi eredita dai vari Parasite ed Everything Everywhere all at Once, prototipi – o stereotipi – della nouvelle vague a stelle e strisce, che vuole a tutti i costi “incattivire” la propria facciata dando vieppiù spazio a storie lontane dall’America (appunto Cina, Russia e Sud Corea), cercando così in giro per il pianeta nuovi Tarantino, sebbene storie e dialoghi siano anni luce lontani dall’eccellenza del genio da Tennessee.

Ed ecco che in questa intrigante opera i cattivi vengono dall’est, così come l’ingenuo principe azzurro sui generis, mentre il ruolo dell’eroina spetta alla spogliarellista Anora di Mikey Madison.

E costei buca lo schermo con una performance vibrante ed entusiasmante, che sfrutta di pari passo la velocissima regia supersonica di Baker, grazie alla quale la sbandata di Brooklyn tiene incollati allo schermo per tutta la proiezione, lottando in solitaria contro una non ben precisata congrega parentale quasi mafiosa di oligarchi, per tenersi stretto il velocissimo matrimonio col suo Ivan, ingenuo rampollo festaiolo tutto sesso e videogame, che deve essere ricondotto all’ovile dalla propria ricca famiglia!

La storia è tutta qui, un po’ poco per l’importante durata della pellicola, specialmente per i prolissi e inconcludenti dialoghi fra i due precoci “innamorati”, che fra risate, frasi nonsense e shockanti ma soprattutto tanto sesso occuperanno quasi metà film.

A parte ciò Baker anche in quest’altra sua dark comedy senza filtri e ritegno riesce a restituirle significati profondi, proponendo una Black Dalia di periferia a cui è impossibile non affezionarsi e offrire compassione.

Anora infatti, senza padre e con madre assente, appare sì materialista e priva di qualsiasi gentilezza d’animo ed usa il suo corpo sia come lavoro che divertimento, ma infine si manifesta quasi tenera nel voler credere al tanto agognato amore sognato da ogni teenager, che giustificherà poi un finale semplice ma sorprendente.

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