Edward mani di forbice (1990)

Se dovessimo dare una definizione specifica di questa pellicola, sarebbe : un piccolo quadro gotico. Diretto da Tim Burton, ”Edward Mani di forbice” è una pellicola del 1990, che vede un Johnny Deep quasi agli esordi, in uno dei personaggi che sarà rimarrà per sempre un’icona cinematografica.

La pellicola presenta un connubio di anni 50′, 60′ e 80′  ed è una favola drammatica situata nel classico sobborgo americano, con persone che vivono una vita incredibilmente stereotipata, e con personaggi colmi di luoghi comuni e caratteristiche riscontrabili nel quotidiano.

Chiara metafora della diversità, Edward non appartiene a questo mondo crudele e banale ma, in senso figurato, rappresenta la fantasia, la gioia di vivere, la bellezza dei sentimenti più puri e spontanei. Ed è per questo che il mondo non riesce ad accoglierlo.

La critica di Burton è evidente: l’attuale società, così fatua e superficiale, vittima dell’ipocrisia imperante, ha dimenticato i sentimenti più puri, alimentando un mondo spietatamente crudele che non concede spazio alla sensibilità e alla diversità. Nonostante i tentativi di integrarsi, e benché incontri persone aperte alla sua straordinaria umanità, Edward alla fine cadrà vittima di un’incompatibilità di fondo che non può trovare risposta.

È proprio la sua diversità a renderlo straordinario e tristemente incompreso: come l’artista profondamente romantico incapace di comunicare con una società a lui totalmente estranea ed incomprensibile; una società che sembra riconoscerlo come proprio figlio solo per le sue opere, ma che ciò nonostante lo emargina, non riuscendo mai ad accettarlo completamente.

La visione Burtoniana è aperto verso una concezione della vita poetica e metaforica, in bilico fra la cittadina, colorata e prefabbricata – che sembra prodotta da una catena di montaggio – e il castello, oscuro e irraggiungibile, emblema di quel mondo di fantasia e purezza che Edward rappresenta.

La regia visionaria di Burton non disdegna lampi di classe meravigliosi e scene che ormai sono entrate di diritto nell’immaginario collettivo (come la scena della prima apparizione di Edward, tristemente rannicchiato in un angolo oscuro sotto il lucernario sfondato), avvalorati da preziose performance attoriali. Se il cinema è poesia, Edward mani di forbice ne è la quintessenza.

Edward è una creatura che il suo costruttore non ha potuto terminare, essendo morto prima di applicargli le mani, al posto delle quali lo strano essere dispone di taglienti forbici. Una rappresentante dell’Avon lo trova solo e abbandonato nel castello in rovina dove abita da sempre e impietosita lo porta a casa sua.

Edward diventa ben presto il beniamino del paese, dove si distingue per la sua eccezionale abilità di giardiniere e parrucchiere, sino a diventare un personaggio televisivo protagonista di talk-show. Innamoratosi della figlia della donna che lo ospita, suscita la gelosia del suo fidanzato, che alla fine tenta addirittura di ucciderlo. Edward capisce che il mondo degli uomini non è più il suo posto e ritorna a vivere in solitudine nel suo castello.

Davvero sensazionale pellicola di Burton, un connubio perfetto fra storia originale e musiche spettacolari. La colonna sonora infatti, curata da Danny Elfman ( al quale ormai sono affidate tutte le colonne sonore dei film di Burton) emoziona e commuove lo spettatore, accompagnandolo nel castello in cui vive Edward fino alla casa di Peggy.

Sicuramente un film da vedere una volta nella vita. Una storia d’amore delicata e commuovente, una metafora di come i ”diversi” sono respinti dalla società. Tematiche importanti celate da una trama apparentemente semplice e priva di nota. Burton ancora una volta sa emozionare ed essere brillante.

Il trailer

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