Trash (2014)

Tre ragazzini delle favelas di Rio de Janeiro; sono loro i protagonisti di Trash, il nuovo film di Stephen Daldry vincitore del Festival di Roma 2014. Rafael, Gardo e Gabriel hanno quattordici anni, lavorano in una discarica e vivono in completa povertà, un giorno però durante il suo turno di lavoro Rafael trova nei rifiuti uno strano portafoglio contenente una chiave, un calendario e una foto. Da quel ritrovamento in poi la polizia lo tormenterà per riaverlo.

La grande domanda è: perché per la polizia quel portafoglio è cosi importante? perché un detective spietato, vittima forse di un sistema corrotto non si ferma davanti a niente ed è disposto a tutto pur di riavere il portafoglio?  I tre ragazzi sono decisi a trovare delle risposte e a denunciare un sistema corrotto e uno stato malato.

Ad aiutare i tre protagonisti ci sono un prete (Martin Sheen) che nonostante venga minacciato di trasferimento, lotta contro i soprusi da parte dello stato nei confronti della povera gente; e una ragazza inglese (Rooney Mara) che fa loro da insegnante e che di fronte alla richiesta di aiuto dei ragazzi decide di girare un video sulle loro condizioni di vita e sui maltrattamenti subiti dalla polizia.

Film a tratti divertente ma decisamente triste, ci fa vedere una realtà di cui siamo quasi all’oscuro, una realtà molto diversa da quella che vivono i bambini delle nostre città. Povertà e soprusi fanno da padroni in questa storia e le differenze sociali sono purtroppo evidenti. Un film che lascia l’amaro in bocca, che ci fa pensare sulle condizioni disagiate in cui molte persone sono costrette a vivere e ci fa salire la rabbia nel vedere lo stato e la polizia che sfruttano e maltrattano ragazzini indifesi, che hanno come unica colpa quella di essere nati nel posto sbagliato.

C’è però (come in ogni favola che si rispetti) un lieto fine, una sorta di riscatto sociale che ci dà la minima speranza che forse le cose possono cambiare e che spesso i cattivi siano destinati a perdere le loro battaglie.

Una bella favola moderna, peccato che nella realtà le cose non hanno sempre un lieto fine, soprattutto per i ragazzi che davvero vivono e lavorano nelle favelas.

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