Interstellar (2014)

Uno dei film più singolari  e rischiosi degli ultimi anni  in cui  una trama intrecciata un montaggio parallelo ed un regista visionario (Christopher Nolan) inducono lo spettatore a non distogliere lo sguardo neanche per un secondo.

Interstellar è un film di fantascienza del 2014 scritto, diretto e prodotto da Christopher Nolan con un cast altrettanto stellare: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain.

All’interno di Interstellar, quella volpe di Christopher Nolan ha infilato Incontri ravvicinati del terzo tipo, 2001, Solaris, Star Trek, la scienza e tanto altro ancora: ma è evidente che il suo nuovo film non è altro che la versione pomposa, ridondante e fantascientifica de L’uomo dei sogni. Esattamente come nel film di Phil Alden Robinson, infatti, anche in questo nuovo lavoro di uno dei registi più osannati del Terzo Millennio, alla base di tutto c’è il rapporto tra un padre e un figlio. Una figlia, in questo caso: che, come quel Kevin Costner, cerca di fare i conti con il fantasma di un padre scomparso, di farlo tornare, di comunicare nuovamente con lui.

Certo, qui la prospettiva è anche e soprattutto ribaltata, ed è prima di tutto il personaggio di McConaughey che vuole far ritorno dalla figlia (interpretata prima da Mackenzie Foy e poi da Jessica Chastain), lasciata per intraprendere il viaggio interstellare del titolo per trovare una salvezza per lei e per tutto il genere umano. Ma vuole farlo – e lei con lui, parallelamente – con la forza testarda di un amore (quello paterno, e quello filiale) che si dimostrerà capace di piegare lo spazio-tempo.

Allora, nonostante le quasi tre ore di film, la magniloquenza e l’accuratezza scientifica, gli effetti speciali e la spettacolarità, la filosofia e  le speculazioni sulla contrapposizione tra ragione e sentimento, il cuore di Interstellar sta, banalmente o meno, tutto lì: nel racconto dell’amore tra un padre e una figlia; nella resposabilità del primo e nella devozione della seconda.

È tutto lì, ciò che interessa a Christopher Nolan.

difficile negare che nei momenti più umani e emotivamente intensi del film il sussulto interiore che si prova si avvicina a quello della commozione.

Solo che questo, oggi, forse non è ritenuto sufficiente: dal pubblico, dagli Studios e dallo stesso regista. Dimostrandosi ancora una volta furbo e astuto da un lato, e terrorizzato dai suoi stessi sentimenti dall’altro, incastona quel nucleo emotivo all’interno di una complessa, ambiziosa (e un po’ pretestuosa) architettura cinematografica dove gli architravi sono la fisica quantistica, la spettacolarità hollywoodiana e l’assoluto imperativo di una mediazione tra cuore e cervello.

A Nolan interessa ben poco dei temi che affronta e che non hanno a che vedere con i sentimenti umani, ma con la razionalità.

Non gli interessa nulla, in fondo, dell’Apocalisse che sta mettendo in ginocchio l’umanità; della questione della Terra che si esaurisce e si ribella,e della relatività dell’uomo rispetto ad essa; dei tutta la logorrea scientifico-esistenziale che fa del suo film una versione bignami delle opere divulgative di Stephen Hawking.

Per tutto questo può provare interesse e curiosità, certo, ma tutti intellettuali; e soprattutto nella misura in cui sono strati, livelli, dimensioni sotto i quali confondere le acque, e camuffare il vero nocciolo della questione, giocando a nascondino con sé stesso e gli spettatori.

E difatti te li sbatte in faccia con l’arroganza di chi ha qualcosa da nascondere, con la grandeur di chi vuole nascondere le sue fragilità.

Prestigiatore del cinema contemporaneo, Nolan confonde, distrae: ti fa guardare alla struttura quando il trucco, il senso del film sta da un’altra parte. Abracadabra.

Un film estremamente complesso in cui tutto sembra essere curato nei minimi dettagli e nulla lasciato al caso.

Insomma anche questa volta il massimo esempio di cineasta-ingegnere si è fatto trovare preparato  regalando al pubblico in sala un connubio di magia ed emozioni.

Il trailer

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